Nella vita di tutti i giorni il glutine è diventato praticamente onnipresente.

A partire dai più “ovvi” pasta e pane, passando però anche per affettati e zuppe, è molto facile che sia un elemento costante in tutti i pasti della nostra dieta.

Quando gonfiore, dolori e difficoltà digestive si affacciano, spesso quindi si pensa subito al glutine come causa, pensando magari alla celiachia, alla sensibilità al glutine non celiaca (NCGS) o ad altri problemi non meglio definiti.

E’ bene ricordare che la celiachia è comunque una condizione infrequente (dati del 2018 affermano che la prevalenza in Italia sia dell’1%), mentre riguardo la sensibilità al glutine non celiaca non esistono dati precisi in quanto i criteri per la diagnosi usati negli studi sono spesso differenti tra loro. 

“Di tutti i soggetti che percepivano sintomi “da glutine”, l’86% non aveva alcun giovamento dall’esclusione di questo dalla dieta.

Purtroppo però spesso non ci si sofferma troppo sull’indagare la causa dei disturbi, si incolpa il glutine e quindi si parte con la “soluzione” che appare più logica: escludere il glutine dalla propria dieta. Peccato che nella stragrande maggioranza dei casi i risultati, quando ci sono, sono solo temporanei.

Viene quindi da chiedersi: è colpa del glutine? Farsi “guidare” da questa sensazione è un buon modo per capire se si è affetti da una condizione glutine-correlata? 

Dieta senza glutine per tutti? La scienza dice no

Uno studio italiano si è posto proprio questo problema, e ha valutato in due anni tutti i pazienti che si presentavano dichiarando sintomi “glutine correlati” per capire quanti di questi fossero celiaci, quanti con una sensibilità al glutine non celiaca e quanti con un’allergia al glutine.

Alla fine dello studio i celiaci erano risultati il 6.6%, quelli affetti da NCGS il 6.9% e quelli affetti da allergia al glutine lo 0.5%.

 A conti fatti, quasi l’86% dei soggetti non aveva alcun giovamento dal seguire una dieta priva di glutine, ne deriva quindi che i suoi sintomi erano causati da “altro”.  

Il valore predittivo di presumere “da soli” di avere sintomi correlati al glutine è di circa il 7%.

Cosa ci insegna questo studio?

Che nella stragrande maggioranza dei casi “autodiagnosticarsi” delle presunte “reattività” agli alimenti, in questo caso al glutine, è di poco aiuto. Anche impostare diete di eliminazione conseguenti a queste “sensazioni” è inutile in quasi il 90% dei casi, oltre che risultare pericoloso.

Se da un lato il sintomo c’è, identificare la causa è decisamente meno intuitivo di quanto si possa pensare.

Seguire una dieta bilanciata, che rispetti la quota proteica giornaliera, usi frutta e verdura e carboidrati integrali è spesso un buon punto di partenza. In aggiunta a questo avere anche un proprio profilo individuale, ottenuto tramite un test sulle intolleranze alimentari e non tramite supposizioni, che aiuti nell’impostazione della giusta variabilità alimentare può essere di grandissimo valore, specialmente quando vi sono dei sintomi di partenza.