La terapia marziale, cioè il trattamento di reintegrazione del ferro, provoca spesso fastidi digestivi e malesseri associati alla sua assunzione.

Può essere necessario somministrare ferro a causa di mestruazioni abbondanti, affaticamento, scarso assorbimento, maldigestione, perdite ematiche nascoste o qualsiasi altra causa.

Il solfato ferroso, una delle forme più diffuse per il trattamento della carenza di ferro (come ad esempio nel Ferro-Grad) è infatti spesso malsopportato e il rapporto tra ferro assorbito e ferro somministrato è molto basso.

Per questo, si può attuare il reintegro del ferro attraverso formulazioni a base di sali organici assorbibili grazie ai quali è possibile utilizzare dosi più basse di ferro per ottenerne un corretto assorbimento, senza effetti collaterali rilevanti.

Una ricerca effettuata all’Università di Zurigo e pubblicata su Lancet Haematology nel novembre 2017 ha documentato con chiarezza che la somministrazione quotidiana di ferro o la divisione della dose in due, fornendo mezza dose al mattino e mezza dose alla sera, porta ad una relativa inibizione dell’assorbimento nella assunzione successiva, mentre la somministrazione della stessa dose a giorni alterni, per un periodo doppio di tempo, consente un assorbimento maggiore.

Prendendo il ferro tutti i giorni si assorbe il 16% del ferro somministrato. Prendendolo a giorni alterni si raggiunge il 22%. Le differenze sono significative e producono effetti clinici migliori con la somministrazione a giorni alterni.

Il tutto è legato al fatto che il ferro, minerale indispensabile alla sopravvivenza umana, ha comunque una capacità ossidante importante; per spiegare questo paradosso uso come esempio il fatto che il ferro può arrugginire (ossidarsi) e quindi l’organismo deve entrare in contatto con questo minerale in modo “morbido” per ridurne la potenzialità ossidativa, cioè per non arrugginire.

Significa che questo minerale ha azioni positive e negative allo stesso tempo e che per prenderne solo il buono va assunto “a piccole dosi”, rispettando l’equilibrio dell’organismo.

Questi lavori sono importanti per capire che l’organismo umano ha bisogno dei suoi ritmi e che la terapia deve adattarsi a questi e non il contrario.

Se l’obiettivo è l’assorbimento di una sostanza non si può ragionare solo in termini di quantità di sostanza somministrata, ma in termini di capacità di metabolizzazione. Se l’organismo percepisce il ferro come un potenziale nemico, il trucco è quello di dosarlo in modo che ne percepisca solo gli aspetti amichevoli. Questo vale anche per altre sostanze e altri farmaci.

Per il ferro poi è molto importante regolare anche la parte alimentare, in modo da ridurre la possibile infiammazione dovuta al cibo e facilitare l’assorbimento del minerale dalle mucose intestinali.

Inoltre l’alimentazione deve contenere tutti gli oligoelementi che facilitano il suo assorbimento, come zinco, rame e manganese, e la vitamina C. In molti casi è utile integrare con enzimi per fare sì che le sostanze introdotte con l’alimentazione (ferro compreso), vengano correttamente metabolizzate e assorbite.

Per ora il lavoro dei ricercatori svizzeri ha definito questo effetto in donne in stato di carenza di ferro e dal punto di vista scientifico serviranno altri lavori di precisazione per dire che la somministrazione a giorni alterni sia indicata anche nelle anemie di altra origine, anche nel sesso maschile.

È comunque molto probabile che questo valga anche in questi casi, tenendo sempre presente che per la corretta valutazione di un quadro clinico è possibile effettuare esami di controllo per valutare l’efficacia del trattamento.

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