VI RACCONTO COSA SUCCEDE IN UN COLLOQUIO NATUROPATICO
La Naturopatia viene definita una “nuova professione” e come tutto ciò che è “giovane” è spesso mal compresa, poco conosciuta o trattata con sufficienza.
Precisiamo intanto che la Naturopatia è una professione un pochino più anziana di quel che si pensa; è nata a cavallo tra ‘800 e ‘900 come erede di vari movimenti salutisti ed igienisti diffusisi precedentemente, che tentavano di trovare vecchie-nuove vie per coltivare la salute. Nasce qui, nella vecchia Europa, ma trova nel Nuovo Mondo il luogo dove crescere e diffondersi per poi tornare sull’onda New Age (con la quale però non ha molto a che fare) nella seconda metà del XX secolo.
Quel che spesso serve di più per conoscere qualcosa è andare nel pratico e comprendere per esempio in cosa consiste un colloquio naturopatico. Premesso che ci sono vari metodi e modalità d’approccio, ogni naturopata sviluppa uno proprio modo di relazionarsi con il proprio utente.
I punti fondamentali credo possano essere questi:
• Colloquio: chiacchierata sul perché ci si è rivolti al naturopata, sulle aspettative e racconto del proprio stato di salute. Qui il naturopata precisa il suo ambito d’azione, qualora fosse necessario (spessissimo lo è): sostenere la salute della persona prima che si manifestino delle patologie lesionali. Se una persona ha già una patologia e prende dei farmaci, il naturopata può dare un sostegno, ma è importante che il medico curante ne sia informato, in modo che non si creino spiacevoli situazioni per la salute. Credo che dobbiamo sforzarci di far capire che la Naturopatia non è in opposizione alla medicina allopatica, né possiamo dire che è “inferiore”, semplicemente è un’altra disciplina. Per capirci meglio: a nessuno verrebbe in mente di dire che la fisioterapia è “inferiore” alla medicina ufficiale: sono due ambiti di lavoro diversi. Va inoltre precisato che non attiene al naturopata sostituire un farmaco con un rimedio naturale (per esempio una pianta officinale). Spesso le persone lo chiedono, ma se serve il farmaco, il farmaco va preso. Forse si dovrebbe orientare quegli utenti verso medici naturali, professionisti che utilizzano invece dei farmaci di sintesi, piante officinali o altre sostanze naturali sempre però in un’ottica allopatica (ovvero usare qualcosa per lenire un sintomo) o seguendo i dettami omeopatici, steineriani oppure altro. Quando un naturopata consiglia un integratore naturale di libera vendita non può e non vuole usare, facciamo un esempio semplice, della Melissa per togliere un mal di pancia; vuole consigliare della Melissa perché quella pianta officinale favorisce il corretto funzionamento di quella persona in particolare in tutte le sue parti (fisica, mentale, emozionale).
•E qui veniamo all’altro punto: quel che succede dopo il colloquio.
• Valutazione e bilancio di salute: osservazione dell’iride, studio del piede o altre tecniche che possono aiutare il naturopata a definire un terreno di appartenenza, cioè una tipologia di base della persona, in modo da contestualizzare e “personalizzare” i suggerimenti che si prepara a dare.
• Consiglio di tecniche naturopatiche, alimenti, prodotti naturali di vario genere: a seconda di quel che risulta dalla valutazione e dal bilancio di salute, il Naturopata può consigliare alcuni esercizi, suggerire alcuni cibi (senza che si intenda dare una dieta, cosa che spetta ad altre figure professionali), proporre alcuni rimedi vegetali, consigliare letture e così via. La persona sana potrà sperimentare i benefici che si ottengono da questi suggerimenti e fare un percorso di qualche tempo con il naturopata per imparare sempre meglio come gestire autonomamente e in modo soddisfacente il proprio equilibrio psico-fisico. La persona con qualche lieve fastidio funzionale (per il quale gli esami anamnestici non mettono in rilievo alcuna patologia) potrà trarre utili spunti per ritrovare l’equilibrio perduto. Alla persona che soffre di patologie verrà suggerito di sentire il parere del proprio medico. In questo ultimo caso, il naturopata fa solo da accompagnatore in secondo piano lasciando il ovviamente ruolo principale al medico. Non nascondo che una collaborazione non viene sempre compresa e accolta (da una parte come dall’altra), ma è indice di serietà e professionalità tentare questo dialogo.
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fonte: d.pavanello
Francesca Valmassoi2017-07-08T09:57:19+02:00
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